I termini endoprotesi e artroprotesi indicano la sostituzione, parziale o totale, di una articolazione con una protesi realizzata in metallo, polimero o una combinazione dei due. Questi interventi, altamente specialistici, sono oggi una pratica comune nella chirurgia ortopedica.
Le articolazioni più frequentemente interessate dalla protesizzazione sono:
- Anca
- Ginocchio
- Spalla
- Caviglia
Quanto sono frequenti le infezioni protesiche?
Nonostante i protocolli avanzati di sterilizzazione e profilassi, le infezioni delle protesi articolari si verificano in circa 1-2% dei casi. Il rischio aumenta in presenza di fattori predisponenti come:
- Età avanzata
- Diabete mellito
- Obesità
- Immunodepressione
- Ritenzione urinaria
- Broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO)
I principali microrganismi coinvolti includono aerobi facoltativi, anaerobi e microaerofili, capaci di colonizzare la superficie protesica e sviluppare biofilm difficili da eradicare con la sola terapia antibiotica.
Come riconoscere una protesi infetta?
In fase conclamata, l’infezione di una protesi può presentarsi con i seguenti segni e sintomi:
- Dolore persistente
- Limitazione funzionale dell’articolazione
- Secrezione purulenta, talvolta attraverso fistole cutanee
- Febbre e alterazione dello stato generale
Un’infezione trascurata può portare alla mobilizzazione della protesi, rendendo necessario un intervento di rimozione chirurgica.
L’Ossigenoterapia Iperbarica (OTI): un supporto prezioso
L’impiego precoce dell’Ossigenoterapia Iperbarica (OTI) si è dimostrato particolarmente efficace nelle infezioni protesiche in fase iniziale. Grazie all’elevata pressione parziale di ossigeno, la OTI è in grado di:
- Ripristinare la normossia nei tessuti infetti
- Inibire la proliferazione batterica, anche nei casi resistenti agli antibiotici
- Potenziare la risposta immunitaria locale
- Ridurre l’infiammazione e prevenire la formazione di biofilm
- Evitare, in molti casi, la rimozione della protesi
Quando intervenire?
Il successo della terapia iperbarica dipende dalla tempestività dell’intervento. Se la protesi è infetta ma ancora stabile, l’OTI può rappresentare una strategia conservativa per salvare l’impianto e ridurre i tempi di recupero.
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